De l’esistenza de l’anima (l’essere)

Prima ho riletto, il mio post su cosa è la filosofia, ad un certo punto leggevo che la filosofia difatti non può definire l’essere, o meglio può dire cosa fa l’essere ma non cosa esso sia…
(Riprendo a scrivere da qui dopo circa 7 mesi tra l’altro usando il cellulare… siate quindi indulgenti per qualche refuso che potrebbe esserci)
Forse non è così impossibile definire l’essere, innanzitutto dobbiamo spiegarci l’essere è qualcosa o non esiste, cioè ha senso definire l’essere?
Che cosa distingue gli uomini dalle cose? Certo non la materia, anche loro son fatte di atomi. Che cosa distingue gli uomini dagli animali? Certo non la vita anche loro respiriamo. Cosa abbiamo noi di speciale, l’intelligenza mi si dirà, ma cos’è l’intelligenza? È la capacità di comprendere le cose, di compiere delle azioni in modo voluto e con lo scopo di manipolare gli eventi e non subirli, di essere consapevoli insomma. La consapevolezza è l’essere… su un blog che parlava di mindfullness ho letto che l’affermazione di Cartesio “penso quindi sono” è sbagliata noi non siamo i nostri pensieri ma i pensieri sono nostri… quindi l’affermazione corretta dovrebbe essere “io sono quindi penso”. Noi siamo ciò che sta all’origine dei pensieri, ciò che è dietro il Pensiero (e penso che anche Cartesio intendesse questo..
Ritenendo i pensieri un indizio della nostra esistenza ma non l’esistenza).
Ma che cosa c’è dietro i pensieri, gli animali pensano? La risposta pare essere affermativa… allora cosa ci distingue da loro… forse solo la consapevolezza, ma non intesa come capacità di riconoscerci come individui, perché anche alcune specie evolute di mammiferi è stato dimostrato che si riconoscono allo specchio, quanto piuttosto la nostra capacità di riflettere su noi stessi, di essere appunto coscienti di se ogni momento, di domandarci chi siamo e cos’ è l’essere… ma la consapevolezza è un attribuito fondamentale dell’essere o è l’essere stesso? Qui sta il nocciolo della questione… se fosse l’essere stesso l’essere paradossalmente esisterebbe e non esisterebbe… perché non sempre noi riflettiamo su noi stessi a volte viviamo di automatismi, in questa visione la causa coincide con la conseguenza, e l’essere non sarebbe che una semplice abilità dell’intelletto umano dell’evoluzione. Personalmente non proponendo per quest’ipotesi, la considero un pò improbabile, perché mi domando ad un certo punto un animale dovrebbe sviluppare la capacità di essere consapevole riflessivamente di sé? Quale sarebbe l’utilità evolutiva? Gli permetterebbe forse di cacciare più prede? O di difendersi meglio dai predatori? Personalmente ritengo che questa sia una caratteristica innata nella specie umana, magari in un dato periodo l’essere è entrato nell’animale pre-uomo donandogli la consapevolezza… ne consegue che l’essere è qualcosa di diverso dalla consapevolezza, quest’ultima risulta quindi essere la conseguenza, forse la prima e più importante… la prima emanazione diretta dall’essere dalla quale derivano tutte le abilità superiori umane. In questa visione l’essere somiglia moltissimo al concetto di Anima… mentre la consapevolezza in un certo senso è la parola dell’anima o se vogliamo il pensiero, è l’unica emanazione diretta dell’essere-anima quindi noi sappiamo di essere perché siamo consapevoli, cioè perché l’anima pensa a se stessa, quando siamo consapevoli sentiamo la nostra anima. Cartesio allora non aveva tutti i torti in fondo potremmo dire “son consapevole quindi sono”.

PAROLARIO 2013: INTERVISTA AL FILOSOFO ANDREA BOTTANI

argomento da approfondire

eidoteca

AndreaBottani

Intervista a cura di Andrea Pollastri

Gentile professor Bottani, nell’introduzione al suo intervento per l’edizione di Parolario 2013, troviamo questo interessante quesito:

Immaginiamo che la vita mentale di un ciabattino venga interamente trasferita nella testa di un re e che tutti i ricordi, le esperienze e le aspettative del re diventino la vita mentale del ciabattino”.

Secondo John Locke si tratterebbe di un caso in cui due persone hanno cambiato il loro corpo.

  1. E’ sufficiente la continuità psicologica per assicurare la nostra persistenza nel tempo? 
  2. Le persone sono puri flussi di coscienza?

Andrea Bottani: Credo che le domande 1) e 2) possano essere trattate insieme. Fu Locke a sostenere per primo che la nostra persistenza nel tempo non sia la persistenza di una sostanza (materiale come il corpo o immateriale come l’anima) ma piuttosto la continuità della nostra coscienza.

View original post 1.089 altre parole

PAROLARIO 2013: INTERVISTA AL FILOSOFO SALVATORE VECA

molto interessante questo articolo sulla filosofia…

eidoteca

Veca intervista Parolario

Intervista a cura di Andrea Pollastri

Gentile Professor Salvatore Veca, vorrei iniziare questa intervista facendole leggere l’ intervento di un giovane filosofo, Diego Fusaro, alla domanda da parte di un giornalista circa l’utilità di una laurea in filosofia, dello studio e della pratica della filosofia.

Dice Diego Fusaro: «Quando mi chiedono “a cosa serve” una laurea in filosofia, rispondo: “a non fare domande come queste”. E se dico che faccio il filosofo – che è quello che faccio, filosofo e storico della filosofia – per molti è come se dicessi che faccio l’astronauta: la reazione è tra l’incredulità e la supponenza. Perché questo luogo comune che sia una materia inutile, oltre che sbagliato, è duro a morire. E non per caso: oggi chi mette in discussione il sistema è una figura scomoda». Cosa ne pensa?

La risposta di Diego Fusaro alla leggendaria domanda a proposito dell’utilità della filosofia è appassionata…

View original post 927 altre parole

Come si dovrebbe fare Filosofia?

La mia irriverenza sta toccando livelli stellari :), dopo essermi permesso di chiedermi a cosa serve la filosofia, voglio ora indagare su come si dovrebbe correttamente filosofare…

Premessa d’obbligo… non posso permettermi di considerarmi o di presentarmi come un filosofo, almeno da un punto di vista accademico o scientifico… ma solo come come un bambino affascinato da tanti maestri che hanno scritto della sapienza e dell’uomo… e per quest’amore per la filosofia e per questi grandi maestri mi viene da alzare la mano e proporre alcune domande… come un alunno svogliato interessato per un momento da alcune nozioni dell’insegnante.

Mi domando, ricollegandomi a quanto detto nel precedente post a cosa serve la filosofia,
se oramai non ha più senso occuparsi di scienza e di psicologia solo con la filosofia, ma dobbiamo principalmente proporci di capire come raggiungere la Felicità che sia vera ed autentica attraverso una modalità coerente a questo fine che chiameremo Etica.
Come deve avvenire ciò?
In questi mesi sto leggendo con piacere molte delle opere dei grandi pensatori del passato e del presente, il loro pensiero e modo di esprimere i concetti è meraviglioso in alcuni casi leggerli è un idillio e diletto per la mente.

Tuttavia non nascondo che tradurre i più importanti concetti espressi nella storia… non è cosa semplice, a volte risulta molto complesso e non sempre son sicuro di esserci riuscito appieno, quindi ritengo che se la filosofia è una via per la felicità, a volte la sua decodifica non è semplice, come se la semplicità divulgativa non fosse un elemento primario.

Ma se abbiamo detto che la filosofia è uno strumento che permette all’uomo di raggiungere la felicità (forse è un pò riduttivo definirlo uno strumento… ma semplifico solo per comodità… ) e se l’etica è il mezzo atto a questo fine, è corretto porre ostacoli ulteriori a quelli che la vita pone già in essere? ritengo di no, quindi a mio parere occorre che la filosofia cerchi di semplificare il modo in cui comunica all’uomo.

Oggi e negli ultimi secoli i scrittori hanno scritto per un élite, poi era compito di questa élite culturale assorbire i concetti e filtrarli e diffonderli alla società… ma perché non provare a renderli comprensibili immediatamente, perché avvalersi di un filtro sociale… il filoso a mio modo di vedere deve essere attivo nella diffusione del suo pensiero ad un pubblico sempre più vasto, deve contribuire a sviluppare senso critico nei suoi interlocutori, e non provare a convincere quanto piuttosto a porre domande e possibili risposte ad interrogativi aiutando gli astanti a far proprie le sue risposte, oppure a trovare risposte alternative in modo metodologicamente corretto…. deve essere sempre pronto a ridefinire i propri concetti, non deve escludere che una verità possa essere manifestata da chi apparentemente sembra essere un improbabile filosofo.

Quindi lo scopo della filosofia deve essere in primis quello di insegnare o meglio di condividere le nostre opinioni con gli altri, per verificarle e renderle fruttuose, ma non deve essere statica ma dinamica, nel senso che la filosofia deve andare incontro all’uomo e non l’uomo verso di essa. E ovvio che magari certi concetti arriveranno all’uomo attraverso l’Arte, la Letteratura o il Cinema… ma queste arti non possono da sole diffondere concetti, il filosofo deve provare ad arrivare all’Uomo…

Leggendo quello che scrivo mi viene da pensare a quello che forse è stato il primo grande filosofo SOCRATE, la sua maiuetica, il suo interrogare continuamente l’interlocutore, il suo cercare di dialogare con un linguaggio semplice verso chiunque e il suo porsi come saggio ignorante sembrano sposare a pieno questa mia visione, ho cercato un pò su internet e forse per mia colpa non ho trovato nessuna corrente filosofica che si rifaccia o si sia rifatta direttamente a Socrate (come sono esistiti i neo platonici, i neo kantinai o hegeliani) forse perchè Socrate è il filosofo per antonomasia e tutti i filosofi sono Socratici (e non solo i suoi diretti discepoli come Platone), ma non sò se tutti abbiano mai sposato pienamente le sue idee… con la maggiore irriverenza possibile mi piacerebbe appartenere a una filosofia che amerebbe chiamarsi Neosocratica… sono consapevole della mia impertinenza assoluta, ma del resto io non sono un filosofo mi diverto a parlare di queste cose e quindi nella mia ignoranza e incompetenza ritengo che il pensiero socratico ancora oggi possa ritenersi attuale… la sua volontà di insegnare un metodo, di dialogare con chiunque, di accettare che la verità sulla vita possa essere emessa anche da chi non ne ha “titolo” la ritengo un’approccio corretto… poi vorrò sicuramente approfondire Socrate come filosofo magari gli dedicherò un post.

Vorrei infine fare un ultima precisazione, quando parlo di verità, non parlo di verità assoluta o verità matematica (la prima propria della religione la seconda della scienza) quanto piuttosto come quei concetti che allo stato in cui li formuliamo e considerando tutte le conoscenze che ci sono possibili ci risultano i migliori per raggiungere una vita felice, (e per conoscenze intendo anche le verità matematiche che apprendiamo e religiose che accettiamo). Questa mia definizione mi pare che elimini ogni dubbio sulla non immutabilità di queste verità e anzi a mio parere il filosofo dovrebbe sempre essere alla ricerca di opinioni diverse da confrontare con le proprie…

Beh ci son tate altre cose che vorrei scrivere ma la mia irriverenza oggi per oggi è stata abbastanza.

A cosa serve la filosofia?

Oggi, io l’ultimo dei dilettanti o l’ultimo per importanza di coloro che si cimentano o meglio si dilettano nell’arte del filosofare mi pongo una domanda alquanto irriverente, ma a cosa serve la filosofia? Per prima cosa cerchiamo di capire cos’è la filosofia?
La nostra amica Wiki vediamo ci dice:
“Lfilosofia (dal greco φιλοσοφία, composto di φιλεῖν (philèin), “amare”, e σοφία (sophìa), “sapienza”, ossia “amore per la sapienza”)[2] è un campo di studi che si pone domande e riflette sul mondo e sull’uomo, indaga sul senso dell’essere e dell’esistenza umana e si prefigge inoltre il tentativo di studiare e definire la natura, le possibilità e i limiti della conoscenza.

Prima che un campo speculativo, la filosofia fu una disciplina che assunse anche i caratteri della conduzione del “modo di vita”, ad esempio nell’applicazione concreta dei principi desunti attraverso la riflessione. In questa forma, essa sorse nell’antica Grecia.[3]

A rendere complessa una definizione univoca della filosofia concorre il dissenso tra i filosofi sull’oggetto stesso della filosofia: alcuni orientano l’analisi della filosofia verso l’uomo e i suoi interessi così come viene esposto nell’Eutidemo di Platone, per cui essa sarebbe «l’uso del sapere a vantaggio dell’uomo».[4]

Nel prosieguo della storia della filosofia altri autori che seguono questa opinione sono per esempio Cartesio («Tutta la filosofia è come un albero, di cui le radici sono la metafisica, il tronco è la fisica, e i rami che sorgono da questo tronco sono le altre scienze, che si riducono a tre principali: la medicina, la meccanica e la morale, intendo la più alta e la più perfetta morale, che presupponendo una conoscenza completa delle altre scienze, è l’ultimo grado della saggezza»),[5] Thomas Hobbes,[6] e Immanuel Kant, il quale, definisce la filosofia come «scienza della relazione di ogni conoscenza al fine essenziale della ragione umana».[7]

Altri pensatori ritengono che la filosofia debba puntare alla conoscenza dell’essere in quanto tale secondo un percorso che, fatte le debite differenze, va dagli eleati[8] sino adHusserl e Heidegger.”

Quindi fondamentalmente quando la filosofia è nata aveva come scopo primario quello di “conoscere tutto ciò che circonda l’uomo” cioè era un viaggio nella conoscenza tout court.

Ma oggi avrebbe senso per la filosofia, indagare sull’origine dell’universo o sulla composizione dei materiali e di come essi interagiscono? Ovviamente no… da essa e oramai da secoli si è emancipata la moderna scienza ed il metodo scientifico…

Quindi epurata dalla scienza la filosofia dovrebbe essere essenzialmente  occuparsi di come l’uomo pensa, e di perchè esso pensa? beh  oltre che la scienza dalla filosofia si sono anche emancipate le neuroscienze e la psicologia che indagano nei meccanismi della mente.

Cosa resta, l’ontologia, cioè cosa è l’essere? cosa siamo noi? ma siamo sicuri che a questa domanda può dare una risposta la nostra ragione? l’essere che esiste può giustificare perchè esiste?
Il motivo e la natura dell’esistenza devono essere qualcosa di altro rispetto all’esistenza in sè e quindi inconoscibile dall’esistenza, una risposta può essere solo ipotizzata dalla filosofia, ma sarebbe una risposta soggettiva non oggettivabile, l’unica cosa certa è che l’esistenza è, ma non sappiamo cosa essa sia, possiamo sapere in cosa consista praticamente, cosa fa, come si comporta, come interagisce, quali sono le sue proprietà, sapere cosa è l’esistenza e come chiedersi “che cosa è è?” La ragione dell’esistenza è il limite inferiore dell’infinito… se l’essere e l’io sono l’infinito, questo si tratta di un infinito con un inizio, un infinito creato nel tempo… il definire l’essere per la filosofia è come capire cosa c’era prima del “big bang” per la fisica…. l’autoindagine dell’essere su cosa sia l’essere e come svuotare un secchio d’acqua con un bicchiere immerso nel secchio senza farlo emergere mai in superficie, cioè è il bichiere si riempie d’acqua ma non se ne può mai svuotare, può cambiare l’acqua all’interno del bicchiere, ma l’acqua all’interno del secchio resta sempre la stessa… l’unico risultato che avremmo è di aver mosso un pò d’acqua, per svuotare il secchio dobbiamo fare emergere il bicchiere dal secchio e svuotare l’acqua al di fuori di esso, quindi, tornando all’essere, dovremmo diventare non essere per definire l’essere ma questo ci è impossibile… l’essere è una condizione che non si può abbandonare e che non si può capire se non essendolo.

Forse le neuroscienze potrebbero un giorno definire come le connessioni neurali divengono autocoscienza… ma non potranno osservare l’autocoscienza in sè ma solo i suoi effetti fisici (elettricità) e saremmo sempre al punto di partenza…
Quindi la definizione dell’essere può avvenire solo al di fuori dall’essere da un ente che sia contemporaneamente non essere per guardare dall’esterno l’essere e essere per comprendere l’essere, ergo può essere rivelata (metafisica-religione) o scoperta (scienza) ma essendo ciò che c’è prima inosservabile dall’essere, come detto, ciò esclude la scienza… quindi dobbiamo solo sperare nella religione… ma in ogni caso non nella filosofia.

Quindi impelagarsi in una simile discussione finisce per essere inconcludente per la filosofia stessa…

Allora cosa resta? l’Etica! cos’è l’Etica se non il corretto modo di comportarsi… ovvero il modo dell’essere, ma l’essere è un incognita (x) quindi l’etica è il modo di x inoltre il modo di cosa e per cosa? quindi l’etica è il modo di x per x? tuttavia con il fine siamo più fortunati che con l’essere, il fine dell’essere può essere la massimizzazione dei benefici connessi alla sua esistenza in quanto tale… ovvero la felicità, la vera felicità… tra l’altro poter definire il modo in cui raggiungiamo un fine e quale sia questo fine ci permette di capire come siamo… cioè ci permette di realizzarci come individui tutti esistiamo allo stesso modo, ma siamo in modi diversi… (Marco è una brava persona, Giuseppe è furbo) quindi a mio pare il compito della filosofia, è occuparsi di quel che può definire e quindi il fine dell’uomo, capire quindi quale sia il suo vero fine ovvero la vera felicità e il modo in cui la si raggiunge utilizzando a tale scopo tutti gli strumenti della ragione o rivelati.

L’Ateismo la religione del non senso

Oggi, vorrei affrontare brevemente un argomento che spesso mi sovviene, quello dell’Ateismo.

La mia posizione, nel rispetto della libertà di ogni individuo, contesta la razionalità del punto di vista ateo, ovvero meglio la presunta maggiore razionalità di questa posizione rispetto al teismo, ovvero verso coloro che credono al cosi detto disegno intelligente.

La mia contestazione non è nel merito ma nel metodo, ovvero, spesso gli atei si professano tali in nome della scienza e del metodo scientifico, ebbene che cos’è il metodo scientifico? leggiamo wiki:

Il metodo scientifico è la modalità tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile[2] e condivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche attraverso l’osservazione e l’esperimento; dall’altra, nella formulazione di ipotesi e teorie da sottoporre al vaglio dell’esperimento per testarne l’efficacia. Nel dibattito epistemologico si assiste in proposito alla contrapposizione tra i sostenitori del metodoinduttivo e quelli del metodo deduttivo.

Quindi abbiamo che un ipotesi per essere tale deve essere sottoposta ad un esperimento che ne verifichi l’attendibilità.

Quindi lavoriamo sull’Ipotesi creazione dell’Universo, ad oggi ove è arrivata la fisica?

Esistono varie teorie, ma nessuno ancora comprovabile, sicuramente due delle teorie sono:1 teoria del caos e del caso (in breve tutto è frutto di un processo caotico e casuale) 2 teoria del disegno intelligente (dietro alla creazione c’è una precisa volontà guida)

Volendo tralasciare alcuni aspetti che pure vorrò approfondire come il principio antropico e l’alta improbabilità accertata che in un universo casuale venga a crearsi un pianeta come la terra, l’alta improbabilità che in questa si formi la vita l’alta che in questa ancora vi sia forma di vita composta, e l’altissima improbabilità che all’interno di questa ve ne sia una intelligente.Resta il fatto che vi sono due ipotesi inverificate, una delle quale, quella del caso, secondo chi vi scrive è la più improbabile tra le due.

Avendo  quindi due teorie inverificate abbiamo che i teisti nel credere in Dio compiono un atto di fede, ma anche gli Atei nel credere nel caso compiono un atto di fede, ergo sono entrambe due religioni, il paradosso è che l’Ateismo per negare la religione deve necessariamente divenire una religione esso stesso al fine di sopperire all’inverificabilità della sua fonte, il caso.

quindi facendo un giochino Aristotelico potremmo dire:
L’Ateismo nega la religione
L’Ateismo è una religione
L’Ateismo nega se stesso

Per concludere possiamo dire che forse l’unica posizione veramente scientifica è quella gnostica che si astiene si dal dare una risposta ma resta aperta ad entrambe le ipotesi in attesa di verificarle.

Io da come si capisce ho sposato la tesi teista, quindi compio un atto di fede, ma la mia tesi risulta se non altro coerente con se stessa e razionale almeno più di quella ateista…

tutto qui era un breve intervento poi approfondiremo in altri post i punti toccati

per ora vi saluto

notte.

Simposio

Qualche settimana fa ho letto il Simposio di Platone…

Un libro devo dire molto interessante… in definitiva l’Autore provava a definire attraverso un dialogo tra personaggi cosa era l’Amore…

In conclusione Platone fa dire a Socrate che l’Amore è un demone (non come lo intendiamo noi ma in quanto divinità minore) figlio della dea della povertà e del dio dell’espediente  ( che noi chiameremo dell’arte dell’arrangiarsi)  Questa definizione lasciava un pò interdetti i protagonisti della storia, almeno inizialmente…

Platone definendo questa natura dell’amore non lo voleva svilire ma, a suo parere, voleva esaltarne lo scopo. Secondo Platone l’Amore non è altro che un alleato dell’uomo e una specie di enzima che facilità i processi, che permette all’uomo di ottenere la felicità attraverso l’ottenimento dell’immortalità mediante il perseguimento della virtù che l’uomo percepisce sensibilmente come il bello.

Mi spiego meglio… secondo Platone gli dei che sono immortali e virtuosi non hanno bisogno di avere la felicità perchè già la hanno, mentre gli uomini se non ne sentono realmente la mancanza potrebbero accontentarsi della loro condizione, perchè magari non sanno cosa è la felicità e non ti può mancare ciò che non sai esistere.

Per Platone gli uomini sono resi infelici dalla loro mortalità… e sarebbero destinati a perire nell’infelicità… ma ecco che a loro fianco compare un prezioso alleato, il demone amore appunto che mette in contatto l’Uomo con l’Immortalità, esso agisce con gli strumenti datigli dai genitori attraverso: il senso di privazione (della povertà) quando amiamo qualcuno o qualcosa vorremmo fortemente averla, e attraverso la sagacia e l’ostinazione per cercare di ottenerla (l’espediente).
Gli uomini più elementari si accontentano di avere l’immortalità attraverso il volere il possesso di corpi belli e la riproduzione… e qui che entra in gioco un altro elemento fondamentale di una schema platonico, la bellezza…
In questo caso la bellezza è intesa non come apparenza, ma come coincidente con qualcosa di giusto di virtuoso, ed esiste una scala di bellezza… quella più bassa è quella apparente, mentre quella più alta è quella della mente e della virtù, attraverso la quale la mente dell’Uomo si illumina e si eleva ottenendo l’immortalità… la scala potrebbe essere più o meno la seguente:

La bellezza del corpo : Amore per le donne : immortalità dei geni

La bellezza del pensiero : Amore per la filosofia : Immortalità della mente

La bellezza della virtù : Amore per la virtù : Immortalità dell’anima-illuminazione della mente

Quindi questo schema dice che l’amore è una strumento non un fin, un facilitatore.

La mia personale opinione non coincide ovviamente con questa illustre opera, (dico ovviamente perchè leggendo i miei precedenti post lo si può capire facilmente)

La mia idea è che definire l’Amore uno strumento, un facilitatore è riduttivo, sarà che io son fedele alla religione dell’Amore estremo ma non riesco a condividerlo.

A mio parere la diversità sta nel concetto di amore, per Platone l’amore è fondamentalmente l’eros legato alla sensibilità dell’essere umano che lo avverte con il corpo… mentre quello che io definisco amore è quello che i primi cristiani definiscono agape (amore disinteressato) il donarsi… se vogliamo per Platone l’amore è uno strumento che attraverso l’attrazione del bello ci ottiene l’immortalità, per me l’Amore è la vera natura spirituale dell’uomo che è anche la natura di Dio, noi aprendoci ad esso ci eleviamo, in definitiva è l’Amore stesso l’elevazione dell’Uomo… interessante a tal proposito la definizione che trovo su Wiki di Agape:

Sul piano filosofico passò invece a indicare l’amore spirituale, come superamento dell’eros che è l’amore di attrazione tra uomo e donna.[11] Mentre inPlatone l’eros è un amore di tipo ascensivo, animato dalla bramosia di possedere l’oggetto amato, vissuto come esigenza di completamento e bisogno di appropriarsi di ciò che a noi manca, l’agape è la risposta di Dio a un tale desiderio, e consiste nella scoperta apparentemente paradossale che solo nel dono di sé l’eros può approdare alla meta tanto anelata, giungendo a infinita e totale soddisfazione

 

notte sman

Il sistema istituzionale del futuro?

Molti grandi filosofi si sono occupati di provare a definire quale fosse la migliore organizzazione sociale umana, mi viene in mente la res pubblica platonica, dove l’umanità è divisa in tre caste ognuna delle quali ha una funzione specifica.

Ho quindi provato a pensare anche io, nel mio microscopio a immaginare quale possa essere il sistema politico istituzionale per l’uomo. Sono partito da un assioma, tutto ciò che è umano è imperfetto quindi non voglio avere pretese di soluzioni definitive, inoltre voglio provare a definire un sistema per un tempo storico con gli strumenti del tempo per l’uomo del tempo, questo implica che la scienza e la cultura potrà portare a superarlo con un sistema migliore.

Partiamo dal valutare i sistemi attualmente vigenti, la democrazia liberale, e poi dei partiti di massa, era sicuramente il miglior sistema per la società occidentale dal XVIII al XX secolo… pur con tutti i suoi limiti ha permesso grandi progressi:
a differenza della monarchia e del feudalesimo era una società più mobile e competitiva che ha permesso un notevole progresso per l’umanità, inoltre permetteva alle idee di germogliare e se sufficientemente supportate di modificare la società e alla lunga a prevalso sull’altro sistema politico moderno: il totalitarismo, a differenza di questo infatti pur essendo meno efficiente e in qualche caso efficace aveva la forza della libertà e della competizione che favoriva e la faceva tendere al progresso…

La domanda è: questo sistema è migliorabile? torniamo al concetto iniziale: tutto ciò che è umano è perfettibile, allora occorre ridefinire la domanda: alla luce del progresso attuale dell uomo può esistere un sistema politico istituzionale migliore per l’Uomo?

Per rispondere alla domanda occorre innanzitutto definire che cosa intendiamo per migliore, per me un sistema politico è migliore di un altro se rende più felici i cittadini o se vogliamo se massimizza con i mezzi a disposizione il benessere collettivo per un tempo non finito, dove per benessere deve intendersi non solo quello economico ma anche sociale e culturale.

Allora il passo successivo è capire quali sono i limiti della democrazia liberale e se è possibile migliorarli: sicuramente uno dei limiti della democrazia è la corruzione che è un effetto collaterale della condivisione delle responsabilità e della pubblicità della sovranità, con pubblicità della sovranità intendo che ad esempio un vigile o un carabiniere è al servizio della collettività e non ha in appalto la sicurezza dei cittadini, cioè non è proprietario della sicurezza che è un bene pubblico e non privato, questa condizione determina un conflitto di interessi tra l’interesse del singolo privato che occupa una carica pubblica, e la carica pubblica che occupa.
Un altro limite della democrazia sono gli ostacoli sociali al potere, chi è ricco ha sempre un vantaggio nel raggiungere posizioni di potere… e nonostante ci sia il voto le persone con meno mezzi economici hanno maggiori difficoltà a veder affermati i propri diritti…
Quale può essere un altro sistema, la dittatura del proletariato forse? la risposta è negativa perchè se anche si risolve il problema dei mezzi economici resta il problema soggettivo del conflitto tra interesse privato e pubblico, che non può essere controllato con le leggi perchè ricade nella sfera dell’individuo e non è un elemento oggettivo che si può risolvere con una norma.

Allora quale possibile soluzione? Facciamo un passo indietro, la democrazia attuale   da cosa deriva? dove hanno preso l’idea i filosofi illuministi per concepirla? la risposta che possiamo dare è nelle antiche democrazie greche, ma queste erano simili alle attuale democrazie? assolutamente no, perchè erano democrazie dirette, e le democrazie dirette erano riproducibili quando fu concepita la democrazia moderna, la risposta è no, ma oggi lo sarebbero? mi viene da rispondere con i mezzi telematici attali probabilmente si, ma allora la democrazia diretta è la migliore forma di democrazia possibile senza lati oscuri? contrariamente a quanto si potrebbe pensare devo rispondere in modo negativo, e questo perchè le masse in quanto tali sono facilmente manipolabili e non ritengo corretto che a decidere di agricoltura sia un musicista o di musica un agricoltore, la competenza è un elemento troppo importante per buttarlo via (ricordiamo che fu un assemblea del popolo a condannare Socrate), ma allora bisogna delegare i competenti e quindi si ritorna alla democrazia delegata moderna… pare non esserci soluzione, se non quella che prospettava Platone, ovvero due caste sopra alla casta del popolo, composta una da filosofi che si dedicano solo al bene comune e un altra di soldati che devono mantenere l’ordine, caste che non hanno un interesse privato perchè non hanno una vita privata vivono in una caserma e il loro fine è servire lo Stato. Ovviamente questa è una provocazione… ma esiste una possibile soluzione al conflitto tra interesse pubblico e interesse privato? io penso di si e si chiama controllo sociale, questo in realtà dovrebbe esserci sempre stato con la stampa e l’opinione pubblica, ma la stampa è fatta dai giornali che sono un ente economico, l’opinione pubblica è spesso condizionata da opinion leader che provengono dalle classi sociali più agiate… e molto spesso ad alcune idee e opinioni non viene data l’opportunità di emergere… allora cosa fare? una risposta che mi sono dato è imporre con sistemi anche informatici la massima trasparenza e pubblicità possibile degli atti pubblici, inoltre andrebbero aumentati gli esercizi di democrazia diretta come i referendum propositivi su alcune materie. Questo perchè con internet si sono diffuse delle pratiche innovative e virali come il fenomeno wiki e delle comunità, individui che si aiutano e condividono in modo autonomo e eterodiretto le informazioni… pensiamo a wikipedia, ogni utente può inserire le informazioni che vuole, tuttavia tali informazioni sono controllate da moderatori competenti che le oscurano se non rispettano alcune regole (in genere la fonte) tutto volontariamente… a fare la differenza sono gli e-cittadini che controllano e sono attivi… si accorgono di tutto e riescono a modificare gli atti in corso d’opera… e la differenza con il passato è che i cittadini attivi non sono controllabili facilmente, tentativi fasulli sono spesso smascherati… e l’emergere di un opinion leader o di un idea e il suo successo dipende solo dalla sua efficacia e efficienza, più che di e-democracy sto parlando di wiki-democracy… certo anche questa ha i suoi limiti ad esempio le politiche di marketing di controllo e indirizzamento dell opinione, ma per la sua stessa natura la wiki-democracy potrebbe darsi delle regole migliori per funzionare, sarebbe sempre una democrazia delegata ma ogni singolo atto sarebbe vagliato da milioni di occhi pronti ad intervenire, sicuramente maggiore potere risiederebbe nei wiki-cittadini più attivi rispetto a quelli meno attivi, ma la differenza verrebbe individuata dal grado di attivismo di ogni cittadino, molti che prima restavano nell’ombra potrebbero emergere e inoltre la platea dei wiki cittadini attivi sarebbe molto più vasta degli attuali cittadini attivi, sarebbe sicuramente un sistema imperfetto, in quanto umano, ma forse migliore dell’attuale.

sman

Il Libero Arbitrio, il male e il bene

Oggi vorrei approfondire un altro tema… ovvero il libero arbitrio e il male, cioè il male è una nostra scelta o è un nostro destino? inoltre possiamo dire che esiste destino?

Procediamo con ordine, solita ricerca maiuetica sul libero arbitrio, scrivo libero arbitrio su google ed esce wikipedia che dice:

Il libero arbitrio è il concetto filosofico e teologico secondo il quale ogni persona è libera di fare le sue scelte. Ciò si contrappone alle varie concezioni deterministiche secondo le quali la realtà è in qualche modo predeterminata (destino), per cui gli individui non possono compiere scelte perché ogni loro azione è predeterminata prima della loro nascita (predestinazione o servo arbitrio)

Condivisibile affermazione tecnica… sono passate milioni di discussioni e una scissione religiosa (protestantesimo) su questo complesso tema… facciamo un ulteriore passo indietro per cercare di capire la questione… cos’è la libertà? brutalmente possiamo definirla come la reale possibilità di scelta… cercherò di affrontare la questione prima da un punto di vista razionale e poi anche teologico.
Fino al secolo scorso, apprendiamo da wiki, la scienza era assolutamente persuasa che il mondo fisico vivesse nella più assoluta determinazione, Newton e altri avevano dimostrato che ad ogni reazione corrisponde una reazione, si era convinti che se si fosse stati a conoscenza di tutte le variabili che agivano su un determinato fenomeno sarebbe stato possibile definire con certezza l’evento ultimo del fenomeno in questione, esempio classicissimo: lancio una monetina conosco esattamente la forza del lancio, conosco esattamente il peso e la forma della monetina, conosco esattamente tutte le altre forze che agiscono e agiranno nel periodo t di transizione in aria della monetina, riesco a sapere prima del lancio se sarà testa o croce. Il concetto in effetti è giusto ed era incontestabile finchè un giorno venne introdotta una nuova branca della fisica: la meccanica quantistica, e venne postulato il principio di indeterminazione di Heisenberg… tale principio afferma che a livello subatomico le forze non agiscono come nel macrocosmo (noi). Procediamo con ordine, studiando le particelle atomiche ci si è resi conto che la gravità era talmente debole a questi livelli che non era in grado di influire su particelle quali protoni, elettroni ecc, e si è arrivati a definire che se un protone o un fotone viene lanciato nel vuoto non si potrà mai definire la sua direzione con certezza (giù, su, in alto o in basso) appunto vi è indeterminazione… l’unica cosa che si può fare è calcolare la probabilità della direzione, esempio: al 60% andrà a destra, al 10% giù al 20% su al 10% a sinistra. Certo poi si è detto che a livello macroscopico non è come a livello microscopico, però è anche vero che è stato dimostrato l’esistenza di eventi quantistici (quindi indeterminati) che influiscono direttamente sul livello macroscopico… quindi tutto è tornato in ballo perchè se anche un solo elemento non è determinabile, non si trova cioè in una scala di eventi antecedenti e successivi che si determinano tra di loro, è impossibile determinare con certezza gli eventi.

Il Principio di indeterminazione se non ha messo fine alla questione ha sicuramente riaperto il dibattito scientifico sulla determinazione degli eventi in modo serio… perchè se anche un solo evento non è predeterminabile… tutto l’universo deterministico collassa in favore di un universo probabilistico, non è il libero arbitrio ma è un passo più vicino.
La fisica quantistica mi permette di introdurre un altro concetto che quando l’ho appreso per la prima volta mi ha sorpreso molto, mi sto riferendo all’intervento dell’osservatore nel determinare l’avverarsi dei fenomeni subatomici… Tornando infatti al principio di interminazione, il movimento delle particelle, come detto, non è determinabile ma si può solo stimare probabilisticamente… ebbene questo significa che se si stima che una particella andrà per il 90% delle possibilità a destra potrebbe però anche andare a sinistra, ma la cosa stupefacente è che per la fisica quantistica fin tanto che un osservatore non fa una rilevazione della posizione della particella sono vere entrambe le opzioni contemporaneamente, attenzione non che una è vera e l’altra no e scopriamo la verità dopo la misurazione, ma in fisica quantistica si afferma che fin tanto non facciamo una rilevazione le due realtà(opzioni) spaziotemporali della particella a destra e a sinistra coesistono… solo quando l’osservatore fa una rilevazione la direzione collassa in un unica posizione… esiste anche un noto esperimento fisico in merito (Il paradosso del gatto di Schrödinge), questo ci dimostra come la realtà macroscopica sia in grado di influenzare il microcosmo. Per la verità esistono due interpretazioni: una detta di Copenaghen che afferma la necessità che a effettuare la rilevazione sia una mente senziente (uomo), l’altra che invece sostiene che qualsiasi rilevazione o meglio interazione del macrocosmo (nostro mondo) con il mondo subatomico determina il collasso delle possibili realtà in una… non voglio addentrarmi oltre perchè l’argomento è affascinante ma complesso… ma la cosa che voglio rilevare è che la scienza nel suo punto più alto, la fisica teorica, diviene molto simile alla religione…(non è mistico poter pensare che una mente senziente può permettere l’esistenza di una realtà piuttosto che un altra?) infatti si nota come l’interpretazione di Copenaghen non solo afferma che l’universo subatomico non è predeterminanto ma addirittura da all’uomo il potere di determinare la realtà con un osservazione (possiamo dire con una scelta inconscia?).
L’argomento della fisica delle particelle andrà sicuramente approfondito, mi riprometto nei limiti delle mie capacità analitiche di studiarlo meglio.

Se poi proviamo ad analizzare il principio del libero arbitrio da un punto di vista teologico-filosofico, troviamo svariate obiezioni… La più importante è forse quella protestante-calvinista: Dio ci ha scelto e sceglie la nostra vita… i nostri avvenimenti e noi possiamo solo capire se ci ha scelto o no.
Sembra difficile contraddire questo concetto ma, a mio parere, esiste un elemento che smentisce questa affermazione… ed è Deus caritas est, Dio è Amore, anzi è l’Amore più grande che possa esistere in tutti gli universi in tutti i mondi e dimensioni… probabilmente il mondo fisico non può contenere l’Amore divino e la nostra mente non può comprenderlo completamente, quindi se è vero che nella sua onnipotenza Dio può determinare la vita di ogni Uomo dalla creazione della sua anima in poi… è vero che per Amore di questa sua piccola creatura può anche liberamente rinunciare a questa opzione… donando a questa insignificante creatura due cose: una mente senziente (ad immagine, seppure infinitamente più piccola, della sua) e la libertà di usarla… anche scegliendo di fare il male… perchè solo una mente libera può e ha bisogno di essere salvata… è vero questa libertà consente un male immenso… dolore, e tante cose che vorrei e vorremmo eliminare…che quando accadono ci svuotano e disarmano, ma se non potessimo scegliere liberamente il bene, saremmo uomini o automi? e se fossimo automi nel bene e ci fosse negata la possibilità di scegliere sarebbe Amore questo? saremmo senzienti noi? inoltre una mente libera di scegliere il bene, è anche consapevole del bene, e la consapevolezza del bene non è forse meglio è più potente di vivere semplicemente il bene? forse è l’Amore la risposta…

Chiamatele Emozioni…

Cosa sono le passioni e i sentimenti?

A cosa servono, qual’è il loro scopo? allora al fine di rispondere a queste domande e anche per sperimentare un bella filosifia del passato, per un pò ho provato a essere un pò stoico, a limitare le mie passioni e le mie spinte, adottare la più assoluta impassibilità freddezza e distacco… ci ho provato per alcuni giorni, posso dire che ho sperimentato alcuni aspetti positivi e negativi di questo stile di vita e filosofia, sicuramente una maggiore freddezza e distacco ti permette in  teoria una maggiore efficienza nell’agire (anche se non sono in grado di misurarla e a volte è più un impressione che altro) però d’altro canto tutto quello che trattieni è come energia che non trova sfogo… potere inespresso… che a lungo andare ha degli effetti controproducenti… occorre quindi capire bene quale può essere la giusta via…

Innanzitutto cosa sono le passioni e i sentimenti, perchè esistono e a che servono?
Applichiamo la maiuetica socratica, cerchiamo le risposte negli altri, cosa ci dicono alcuni utenti di yahoo answer alla domanda cosa sono i sentimenti e a cosa servono:

ci sono sentimenti positivi e negativi,quelli positivi dipendono da Dio che è amore.
Dio ha creato l’ uomo donandogli sentimenti buoni,fino a quando satana non ha tentato l’ uomo corrompendolo e facendolo disubbidire alla volonta di Dio

il sentimento è “sentire” è uno stato d’animo energetico una vibrazione o forza vitale interna positiva o negativa che se percepito correttamente ci guida le azioni esterne. ad esempio la collera e la gioia sono sentimenti che si percepiscono abbastanza bene, essi sono una sorta di tensione interna che deve sfogarsi venir fuori esprimersi..può trovare sfogo anche nella pitturao nella scrittura o nel mettere al mondo un bimbo oppure lottando per il bene comune per la democrazia oppure si manifesta lavorando duramente e a rischio per la giustizia e la libertà ….senza sentimenti siamo lattughe

i sentimenti sono meccanismi elettro-chimici del nostro cervelloli abbiamo per la sopravvivenzaad es. l’amore è alla base dell’accoppiamento e della riproduzione

Wikipedia definisce la loro  principale funzione nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.  http://it.wikipedia.org/wiki/Emozione.

Tutte queste definizioni sono corrette… Ma cosa possiamo dire siano essenzialmente le emozioni? possiamo convenire che alcune emozioni hanno uno scopo funzionale atto alla sopravvivenza della specie, l’ira aiuta a difendermi, la paura si occupa di farci mettere in salvo una volta appurato l’impossibilità di risolvere in modo efficiente un problema potenzialmente dannoso per noi.

Per fare un esempio su cosa possono essere le emozioni possiamo definirle come il firmware interno al nostro organismo, i firmware sono quei programmi istallati di solito nei dispositivi elettronici che permettono di istallarci su i programmi che li fanno funzionare, oppure per rendere più semplice l’esempio sono il programma bios che è installato nei pc, qualcuno di voi che aveva i vecchi pc vedeva quando li accendeva una schermata blu, poi una nera e poi windows, ebbene quella blu era il bios che era installato nei computer dalla loro creazione, bios aveva tutte le istruzioni necessarie per far partire il Dos, il programma base dei computer, e Dos aveva le istruzioni per far partire Windows che è l’interfaccia che permette la migliore relazione macchina-utente. Più o meno secondo me la stessa cosa sono le emozioni, sono la programmazione base, che preinstallata dentro di noi è atta alla sopravvivenza… Le emozioni primarie definite sono: la paura, la rabbia, la tristezza, l’accettazione, il disgusto, l’attesa e la sorpresa.

Adesso non voglio addentrarmi nella psicofisica per definirle, quello che vorrei indagare in questa sede è come dobbiamo comportarci con esse? è giusto ripudiarle e essere impassibili ad esse, essendo consapevoli che sono insite alla natura umana, sono nel nostro codice di programmazione… la risposta potrebbe essere si, facciamo come i buddisti predichiamo l’impassibilità, oppure no viviamole appieno…

Nella breve esperienza che ho fatto di contenimento assoluto delle emozioni, devo dire che mi è sembrato di aver avuto un netto miglioramento nella capicità analitica di gestire le situazioni, le emozioni spesso riescono ad influenzare il nostro modo di agire in negativo (sia chiaro anche in positivo ed è su questo che si basa del resto la PNL utilizzare come uno strumento le emozioni a nostro favore, ma a me non piace quest’ultima ipotesi è come imbrogliare o se vogliamo è come utilizzare qualcosa per uno scopo diverso dal loro fine naturale, avete presente i motivatori aziendali che spingono all’entusiasmo innaturale verso il proprio lavoro oppure al successo… no, non mi piace proprio). Tornando alla mia breve esperienza, il contenere troppo le emozioni ha determinato anche un eccessivo accumulo di energia emotiva che non trovava sfogo… e più passava il tempo e più era difficile contenerla… quindi diventa un problema, però il beneficio del contenimento era stato molto positivo, come fare quindi a contenere le emozioni e contemporaneamente non esplodere? ci possono essere due vie secondo me, o guadagnare un assoluta impassibilità per la quale ci vuole molto tempo e fatica, o imparare a contenerle.

Per quanto riguarda l’assoluta impassibilità, ammetto che è un ipotesi affascinante, diciamoci la verità le persone fredde ci sembrano sempre le persone che maggiormente ci intrigano, mostrano sicurezza anche se a volte possono sembrare antipatiche e spocchiose… le persone fredde sembrano essere dei palloni gonfiati, ma essere superbi di per sè è già un emozione anzi un sentimento… quindi forse chi ci dimostra freddezza magari poi tanto impassibile non lo è… Ma allora è giusto o no essere impassibili? Rispondo che se. e solo se , si riesce a contenere in modo del tutto efficace e efficiente l’emozione e non si ha un esplosione di energia accumulata si, se infatti non riusciamo a contenere bene l’energia poi la cura finisce di esser peggio della malattia, in questa sede non riesco a definire come questo potrebbe avvenire, magari ci sono tecniche orientali di meditazione che possono essere utili… questo argomento andrebbe sperimentato e approfondito.
Ma ora proviamo a ragionare con quel che sappiamo, ritorniamo alla domanda iniziale: a cosa servono le emozioni.in definitiva ci servono per poter dare una rapida ed efficace risposta a delle situazioni impreviste nelle quali l’utilizzo della funziona cognitiva comporterebbe un pericoloso temporeggiare, es cade un oggetto nelle mie vicinanze, la paura mi fa scansare, senza la paura valuterei se è un potenziale pericolo o se non lo è… intanto che valuto se lo è l’oggetto potrebbe colpirmi…
Allora ci è chiaro che le emozioni sono positive, sono appunto dei programmi che ci fanno svolgere una routine appropriata all’imprevisto che stiamo vivendo, ma allora dobbiamo lasciarci andare alle emozioni? no questo no, purtroppo nonostante noi siamo una macchina perfetta… è difficile utilizzare a perfezione tutte le nostre funzioni e a volte facciamo confusioni, le emozioni per funzionare correttamente devono avere una programmazione indipendente dalla nostra ragione, non avrebbe senso avere una funzione primaria che deve agire più velocemente della cognizione che per essere attivata bisogna della cognizione stessa… questo comporta che le emozioni si attivano continuamente… ma poniamoci un altra domanda… quali sono le situazioni nelle quali dobbiamo agire senza pensarci troppo… beh a mio parere sono veramente poche… gli imprevisti appunto e durano per un breve lasso di tempo poi la cognizione diviene necessaria… quindi potremmo proporre di limitare le emozioni strettamente alla loro funzione primaria… Ma sappiamo che loro continuano ad attivarsi continuamente e contenerli provoca un dispendio e accumulo di energia, allora potremmo pensare di limitarle il più possibile cercando di trovare delle occasioni per poterle liberare positivamente… perchè se correttamente sfruttate hanno un grande potere rigenerante (non a caso i giochi si chiamano attività ri-creative). A mio parere dunque le emozioni vanno incanalate e utilizzate liberamente quando necessarie e quando possono avere una forza rigenerante, e controllate in tutte le altre situazioni al fine di non annebbiare troppo quello che noi siamo realmente, la nostra Mente, in quest’ottica siamo noi essere senziente ad utilizzare lo strumento Emozione e non è la funzione Emozione a condizionare una mente senziente, potremmo quindi dire che:

Le emozioni sono una funzione primaria atta a preservare la specie, la mente senziente razionale non fa nulla per impedirne l’attivazione quando il loro fine è attivare una routine comportamentale che richiede una rapida azione impropria alla funzione cognitiva, ne controlla e contrasta l’influenza in tutte le sue attività superiori e cognitive e ne favorisce l’utilizzo a scopo ricreativo.